Settembre 2017
Partenope la sirena, quella che per non essere riuscita a fermare Ulisse, nel mito, venne a morire sull’isolotto di Megaride, dove sorge oggi Castel dell’Ovo; la “fondatrice” di questa città. È un mito che va riscoperto e rivalutato. C’è venuto in mente allora che una nostra vecchia amica, architetto, pittrice, insegnante di arte, già alcuni anni fa era stata attratta da questo tema. Si chiama Maria Massa, la andiamo a trovare per vedere i suoi quadri e farci raccontare.
“Quando all’inizio ho pensato questo essere, ho pensato all’essere femminile, ad un essere femminile generico, e mi è venuto in mente che un’entità generica e iconica poteva essere proprio la sirena e la sirena all’inizio non era specificatamente Partenope ma la sirena come mito. Che sta a metà tra l’emerso e l’immerso: ha una parte che staziona nel liquido, senza peso, e una sensibilità che è tutta taciuta, perché nell’immerso non c’è suono, ed invece un’altra metà che affiora. Questa cosa di stare tra due dimensioni, la terra e il mare, mi affascinava moltissimo e secondo me è propria del femminile, che ha questa doppia anima. Ecco l’ho pensata come essere che sta al confine”.
E inizia a mostrarci un quadro rettangolare, di dimensioni maggiori degli altri.
Ci illustra i dettagli: “vedi qui c’è il collo, questo è il braccio della sirena che abbraccia una medusa”; si vede e non si vede, ci sono tutti gli elementi che lei cita, ma appena accennati; poi finalmente lo dice: questo è il dettaglio di un altro quadro, più piccolo, quadrato.
Eccola, eccola la sirena: adesso è evidente, la testa, il braccio, non ha né artigli da uccello né coda da pesce, ma le scarpe. E c’è un piccolo pesce blu che le sussurra qualcosa all’orecchio. Ecco, come la sirena, Maria era partita dal dettaglio, dalla parte sommersa, inespressa, poi ci ha portato alla luce il significato.
Ecco un altro quadro, i colori sono simili, c’è tanto blu, un blu molto energico, e stavolta la sirena, lei dice, è proprio Partenope: è emersa, è venuta al mondo, sta solo leggermente girata di spalle, le sirene non sono mai totalmente afferrabili, e sullo sfondo c’è il nostro vulcano. “Questa sancisce il mio attaccamento alla città, perché è mare, sta nel mare; e io mi sono resa conto che senza mare non posso stare”.
Di questo quadro ha dipinto anche un’altra versione: “un giorno che avevo incontrato un vecchio amico del liceo e chiacchierando avevamo molto riso mi è venuto da dipingere questo”. La sirena sta nell’identica posizione, ma adesso i colori sono caldi, è un quadrato color oro, ha caratteri lievemente orientali e a guardare attentamente sorride.
Su un’altra tela c’è un vascello rosso sulla cresta di un onda ricurva, alto, molto in alto. Poi due quadri rosa: “quello l’ho dipinto quando aspettavo mia figlia, non sapevo che faccia avrebbe avuto e me la sono immaginata così; l’altro l’ho dipinto nel periodo in cui la allattavo”.
Anche il logo di Maria è significativo: è un Vesuvio con le onde del mare, “l’unione tra fuoco e acqua, i due opposti che convivono in questa città”.
Ci sono altri quadri, un grande quadro rosso con tutti i pezzi degli scacchi, sembra l’illustrazione moderna di una favola antica.
E poi c’è, appoggiata a terra, una grande tela di un colore bellissimo.
È solo la tela per adesso, sul suo telaio. Un po’ di tempo fa l’aveva preparata cospargendo la tela grezza con la mistura fatta a mano, la mestica, con la ricetta che usavano nel Rinascimento. È di un colore caldo, calmo. Sopra la tela è poggiato un grande foglio di carta, un bozzetto di una grande sirena. Ci dice: “la tela è pronta per un quadro ad olio, da un po’ di tempo, però non l’ho cominciata più, mi sono fatta prendere dalle altre cose della vita”.
A noi piacerebbe molto vedere un’altra Partenope, dipinta a olio, su quella grande tela. Chi sa, magari dopo questa chiacchierata le viene voglia di ricominciare a lavorare a quel quadro. Voi che ne dite, la incoraggiamo?
(Articolo già pubblicato sul giornale on line Identità insorgenti)
Testo e foto Francesco Paolo Busco